Max Sacchi
Bioingegnere sportivo e CEO 4sports
Ingegnere sì, ma sportivo! Con due professioni legate da un’unica passione, Max Sacchi si dedica alla ricerca e allo studio del mondo dello sport in ogni suo aspetto: dall’atleta e la sua performance fino ai materiali che indossa. È fondatore di 4sports, azienda che opera nell’ambito della biomeccanica applicata allo sport. Per saperne di più sulla sua azienda andate su 4sports bioengineering
Allora Massimiliano, è vero che hai due lavori?
Sì, sono due sfaccettature del mio essere ingegnere che hanno seguito due strade distinte. Il mio primo lavoro deriva direttamente dal mio passato aziendale, durato ben sedici anni, dedicato alla ricerca e innovazione in ambito sportivo. In altre parole, sono un consulente per prodotti “particolari o non comuni” per aziende che operano nel mondo sportivo e in particolare per sport di montagna. Per quanto riguarda il nuovo lavoro, che è attualmente in fase di lancio, si tratta di un’attività di consulenza specifica rivolta a squadre, circoli e club sportivi per individuare margini di miglioramento nelle loro performance. In Italia questa figura professionale è ancora poco nota ma ha già un nome proprio: il bioingegnere sportivo. Per fare un esempio pratico, dal 2014 al 2018 ho lavorato come responsabile della ricerca per la FISI (Federazione Italiana Sport Invernali), concentrandomi sullo snowboard, fino all’oro di Michela Moioli alle Olimpiadi di Pyeongchang. Il mio ruolo era identificare gli aspetti che potevamo migliorare e offrire delle soluzioni e, in quell’occasione, avevamo scoperto l’importanza della partenza per battere il record.
Certo, non si può dire che i tuoi siano lavori di tutti i giorni! Come ci sei arrivato?
Ho studiato al Politecnico di Milano ingegneria biomedica e, dopo gli studi, ho proseguito come ricercatore per dieci anni in un laboratorio dell’università che si occupa dell’analisi del movimento sportivo. Dopo aver insegnato biomeccanica per quattro anni a Scienze Motorie alla Statale di Milano, ho cominciato a sviluppare prodotti per due aziende dedicate al mondo dello sport: Vibram, dove ho ricoperto il ruolo di Research & Tester team Manager per sette anni e Oberalp, in qualità di Innovation & Research manager. Queste esperienze mi hanno ovviamente permesso di conoscere nel profondo i prodotti e le attrezzature, ma anche d’imparare come analizzare gli atleti e come un determinato attrezzo agisce sul corpo umano. Avere esperienza sia sul prodotto che sul testing mi ha quindi portato a preferire gli sport che non sono facilmente testabili in laboratorio e, di conseguenza, ai lavori che svolgo oggi.
Di una cosa però siamo certi: la tua passione non può che essere lo sport, ma l’ingegneria?
Entrambe sono state passioni sin da subito. L’ambiente agonistico insieme al come funziona sia l’uomo che l’attrezzatura che indossa nel sue performance sono sempre state le mie fissazioni indiscusse. (e il cercare di fregare i regolamenti con attrezzi all’avanguardia, ma non ditelo a nessuno! 😉 )
Terremo la bocca chiusa! Altre passioni che pratichi nel tempo libero?
Amo praticare sport che mi mettono a contatto con gli elementi, in particolare l’acqua e l’aria e con il meteo. Quelli che pratico di più sono montain bike (in tutte le sue declinazioni) e sport d’acqua come windsurf, windfoil e vela. Sono anche un’ex aliantista e volo liberista: diciamo che mi piace provare un po’ di tutto.
Ultima domanda: perché Impact Hub?
Due motivi molto semplici in realtà. Il primo è che credo fermamente nella contaminazione tra professioni. Essere circondato da professionisti di altri settori ti educa a vedere le cose diversamente e trarre ispirazione per l’innovazione. L’altro motivo è perché, con un lavoro come il mio, hai bisogno di qualcosa che sia stabile ma allo stesso tempo flessibile, e Hub fa bene entrambi!