14 marzo 2012 PrintAboutMe http://www.printaboutme.it/

“Qual è la tua professione? Transformer” (di Franz per Franzmagazine)

“Che lavoro fai?” In tempi di crisi, di nuove professioni, di lavori tutti da inventare e di mestieri “creativi” non è sempre ovvio rispondere a una domanda all’apparenza così semplice: c’è chi si mette in rete, reinventa le proprie competenze, trova soluzioni fantasiose e si trova a fare un lavoro che un nome solo non ce l’ha. E così lascia in bianco la carta d‘identità alla voce “professione”. C’è chi tutto questo lo vede non come un problema ma come un’opportunità: Impact Hub Rovereto apre le porte a tutti quelli che non sanno rispondere alla domanda “che cosa fai” e con “Professione Transformer” dà loro spazio e voce per presentarsi e parlare di sé. Si parte oggi alle 18, nello spazio nuovissimo e ancora in work in progress di Via Scuole 24 a Rovereto con un gruppo di artisti torinesi che si sono inventati l’arte low cost: si tratta di “PrintAboutMe” progetto nato con lo scopo di promuovere l’arte delle generazioni emergenti e di incoraggiare la giovane creatività, realizzato un  bando finalizzato alla selezione di 28 opere, realizzate con tecniche grafiche (serigrafia, calcografia, tipografia, xilografia) che saranno esposte per due settimane negli spazi di Impact Hub. Quattro professionisti che hanno aderito al collettivo torinese racconteranno il loro lavoro e il loro ruolo di “inventori di lavori”.

27 aprile 2012 Daniele Cermenati

Continua la presentazione di nuove professionalità che fanno fatica a stare all’interno di categorie definite. Ospite di questo secondo appuntamento è Daniele Cermenati. Classe 1983, diplomato all’istituto professionale del mobile e arredamento a Lissone, un’attività avviata nella produzione di arredamento e una passione per i prodotti di design in legno. Si costruisce le bici a scatto fisso usando pezzi di riciclo o riuso. Da un paio d’anni realizza manubri ed oggetti in legno che utilizza per personalizzare le bici, una rete di promozione locale basata amici e conoscenze ed alcuni negozi. La voglia di espandersi e diventare indipendente, Daniele detto Ralf.

16 maggio 2012Alf re-creation http://www.alfrecreation.com/

“Professione Transformer. Che lavoro fai? Chiedetelo a Alf re-creation” (di Franz per Franzmagazine)

Torna “Professione Transformer”, la serie di appuntamenti che Impact Hub dedica a tutti quelli cui la domanda “che lavoro fai?” sta un po’ stretta. Creativi e inventori di nuove professionalità si presentano e parlano del proprio lavoro. Stasera è la volta di “Alf re-creation”, un piccolo brand con sede a Padova, nato nel 2007 dall’amicizia e dai sogni di tre giovani padovani, Andrea, 24 anni, studente in ingegneria gestionale, Luca, 26 anni, architetto e Federico, 23 anni, studente in architettura. La loro idea è ridare vita a materiali dismessi facendo nascere dalla loro collaborazione materica degli oggetti unici ed irripetibili. Alf crea accessori, cinture, borse e bracciali (per ora) costituiti da materiale riciclato, ovvero derivati dall’assemblaggio di teloni di camion, feltro e camere d’aria di gomme di biciclette. “Siamo tre ragazzi che sognando un nuovo futuro, hanno voluto creare qualcosa di unico e irripetibile. L’idea era chiara: dare una nuova vita dignitosa a materiali di scarto presi dalla strada che costituiscono solo un rifiuto per questo mondo. Il risultato sono prodotti composti da materiali apparentemente incompatibili tra di loro e che appartengono al passato ma che sono ancora in grado di mantenere il fascino dell’umanità, dell’imperfezione e della realtà. Il mondo che ci sta attorno ci ha offerto la materia prima su cui lavorare, stava a noi trovare l’idea che raccogliesse tutto!”La materia ha caratteristiche imprescindibili che non perde dopo il suo utilizzo, sta a noi sfruttare le sue potenzialità. Bisogna saper osservare, guardarsi attorno, studiare i materiali e saper scegliere a seconda delle qualità che si ricercano. Non è un’operazione facile, richiede una grande ricerca, trovare le peculiarità di ogni corpo e cercare di evidenziarle nell’utilizzo in assemblaggio con altri materiali. Se ne ottiene un oggetto caricato di una funzione ben definita. Diventa perciò un oggetto completamente nuovo. Alf cerca costantemente di utilizzare e sperimentare “materiali rifiuto” studiandone inizialmente le caratteristiche ed il loro comportamento, per poi riuscire a sfruttare al meglio le prestazioni offerte dagli stessi. I materiali utilizzati hanno già svolto la funzione per cui sono stati creati, ed attualmente vengono considerati rifiuto; si trovano in uno stato di stasi in attesa di essere smaltiti, macerati o riciclati. La forza del gruppo sta nel riuscire ad immaginare quale altra vita dignitosa potrebbero avere, cercando di “unire le forze” di materiali che finora hanno svolto mansioni del tutto differenti, e quindi apparentemente incompatibili, per dar vita ad una collaborazione materica utile a creare un unico prodotto. Non è ALF se manca il riuso, non è ALF se manca l’accoppiamento di più materiali differenti tra di loro, non è ALF se manca l’unicità e l’irripetibilità, non è ALF se manca l’originalità e la creatività. In totale assenza di novità non definiamo “creativa” un’idea. Il risultato nuovo nasce dal legame tra elementi noti da tempo, ma fino ad allora sparsi e in apparenza estranei gli uni agli altri. Inventare è discernere, è scegliere fra tutte le combinazioni che si potevano fare. Le migliori saranno quelle formate da elementi prelevati da settori molto distanti. Inaspettatamente da vecchi scarti di feltro colorato, camere d’aria forate e teloni di camion pronti per essere spediti in discarica nasce la nostra ALF belt. Da vecchi teloni di camion, camicie usurate, nylon trasparente usato esce la nostra changing bag.

19 luglio 2012Branchie http://www.branchie.org

Continua la rassegna “Professione Transformer”, Impact Hub Rovereto ha ospitato perl’appuntamento di luglio BRANCHIE [contemporary culture network and publishing] è medium, filtro, racconto, comunicazione. BRANCHIE è un progetto fondato nel 2010 da Silvia Basso e Giuliana Tammaro per comunicare le realtà culturali indipendenti italiane, un blog d’informazione quotidiana, un archivio online in continua crescita di gallerie e spazi no profit.

11 ottobre 2012Nouk http://www.nuok.it

“Nouk: raccontare New-York come mai nessuno ve l’ha raccontata prima” (di Anna Quinz per Franzmagazine)

Impact Hub Rovereto, continua a interrogarsi sui lavori contemporanei, su quei mestieri difficili da incanalare in una definizione chiara e netta, sulle “professioni transformer”. Anche noi di Franz ci sentiamo un po’ transformer, e quando – ad esempio – le amiche della mamma chiedono “che lavoro fai?”, abbiamo qualche tentennamento. Non è facile spiegare, sopratutto alle “vecchie generazioni” che facciamo prima di tutto un lavoro che ci piace un sacco, che questo lavoro ci fa guadagnare poco, e che ogni giorno ci porta a fare cose diverse da quelle del giorno prima e del giorno dopo. Anche i ragazzi e le ragazze che “lavorano” per Nuok, rientrano in questa non-categoria professionale. Anche loro hanno un magazine online, che racconta in modo diverso New York (Nuok è il modo in cui i bimbi pronunciano il nome della grande mela). Partito da una buona idea e da un bisogno personale, Nuok in poco tempo ha davvero spopolato, anche e sopratutto grazie al suo linguaggio fresco, alla sua leggerezza accompagnata da profonda conoscenza e amore per la città. La “nuoker” Sara Garofalo sarà ospite di Professione Transformer giovedì 11 a Impact Hub dalle ore 18.30. Ci saremo come partener anche noi di Franz, per confrontare le nostre reciproche esperienze di magazine trasversali nel web, cercando anche di capire sostenibilità, economie e difficoltà di lavori come questo. Alla fine della chiacchierata, potremo bere tutti un buon vino, gentilmente offerto dalla Tenuta Alois Lageder.Ci si vede a Rovereto, intanto qualche domanda alle nuokers Alice e Sara.

Come è nata l’idea di Nuok, quando e perché? Nuok nasce nell’estate 2009 dall’esigenza di creare un punto di riferimento per i giovani creativi italiani a New York. Inizialmente, infatti, si trattava di un semplice blog che raccoglieva storie e progetti di fotografi, illustratori e scrittori nella Grande Mela da una parte, e dall’altra consigli e segnalazioni per vivere al meglio la città. Con il passare dei mesi, Nuok si è trasformato in una vera e propria guida per viaggiatori, e l’anno successivo il progetto si è ulteriormente ampliato coinvolgendo ragazzi in tutto il mondo. E’ così che sono nate nuove sitis – città, nella lingua di Nuok, tra le quali Peris, Lannon, Sciangai, Sidnei. E ovviamente sono arrivate anche molte città italiane: da Rroma a Milan, da Vibbo a Trento. In poco tempo, il progetto è cresciuto moltissimo.

Risposte della CEO di Nuok, Alice Avallone:Come avete fatto a promuoverlo? Il nostro segreto è il passaparola. Tutto è avvenuto in modo spontaneo, senza forzature di pubblicità a pagamento o strategie di web marketing. Gli amici dei primi ragazzi coinvolti hanno iniziato a seguirci, poi gli amici degli amici, e così via. Nuok è un progetto sincero: non ci siamo mai fissati su un’idea, abbiamo sempre lasciato che Nuok prendesse la forma data da chi lo animava.

Perchè pensate che la gente voglia leggervi e scrivere per/con voi? Pensiamo che le persone siano stanche della retorica che vuole che chi va all’estero o è un cervello in fuga, o un bamboccione viziato. non è così, e i ragazzi che scrivono per Nuok ne sono la prova: sono giovani italiani all’estero che invece di lamentarsi, creano qualcosa di bello. Nuok è questo: un aggregatore di energie positive, una risposta allegra e scanzonata – ma non per questo meno seria – a chi non sa fare altro che lamentarsi. Probabilmente è davvero questo l’aspetto vincente: la naturale positività del gruppo di Nuok. Siamo sem pli ce mente noi stessi, senza filtri. La nostra comu ni ca zione è sem plice, tra spa rente. Anche se è una reda zione vir tuale, i con tatti fra noi sono quo ti diani, e perio di camente orga niz ziamo cene e brunch in giro per il mondo, così da cono scerci di per sona. I nuokers lavorano online, ma nel tempo sono nate molte ami ci zie vere, reali, e que sto è uno dei risul tati che più ci sti mola ad andare avanti. I nostri let tori ci pre miano per chè si fidano di noi, per chè siamo come degli amici a cui chie dere un con si glio vero: sanno che da noi non tro ve ranno mai mar chette e che il mate riale è costan te mente pub bli cato in presa diretta.

Quel che colpisce è la leggerezza dei toni, la freschezza (lo stesso nome Nuok).
Perchè credete sia importante procedere in questa direzione?
 Il mondo di tutti i giorni ci impone ritmi serrati, capi che non sanno fare il proprio lavoro, situazioni pesanti dentro o fuori casa. Nuok è un’isola felice: c’è chi arriva da noi per staccare la spina e viaggiare davanti al proprio computer e c’è chi semplicemente vuole sapere di più della propria città, riscoprendola con occhi nuovi. Nuok è “New York” pronunciata da un bambino che ha appena iniziato a parlare. Di quel bambino cerchiamo di conservare il sorriso, la curiosità verso il mondo, la voglia di giocare e l’incapacità di prendersi sul serio. E poi, come abbiamo anticipato, c’è il mondo attorno a Nuok. Quando i nostri lettori ci chiedono di parlare di una città in particolare, e troviamo qualcuno che è bravo a farlo, allora chiamiamo il bambino di prima e gli chiediamo di pronunciare il nome di quella siti. E’ così che sono nate Pizburg, Melburn, Borlin, Chioto e tutte le altre.

Oggi il mondo del web è assolutamente saturo, c’è tutto di tutto. Come fare, secondo la vostra esperienza a distinguersi?
 Per distinguersi nel web la ricetta è creare contenuti e format inediti, non cedere a compromessi e mettere al primo posto la qualità. That’s it.

Come si sostiene economicamente Nuok? Nuok non ha entrate, se non qualcosa che arriva dalla pubblicità, che ci permette di sostenere le spese vive del sito, gli aggiornamenti e i nostri gadget color Nuok. Forse un giorno arriverà un grande sponsor pronto ad abbracciare la nostra filosofia, forse no. Noi siamo qui, e andiamo avanti per la nostra strada.

Risposte di Sara Garofalo Editor di Trento:

Tu ci vivi con questo lavoro? Non ci vivo ma lo vivo come un lavoro. E’ un progetto a cui tengo moltissimo e che spero di non dover abbandonare mai. Avendo a che fare poi con trends da scovare/inventare mi permette di imparare a cogliere i segnali deboli del mercato in modo originale. Mi dà inoltre l’opportunità di gettare le basi per crearmi un lavoro futuro che non c’è e che non ho in mano adesso (la maggiorparte delle professioni del 2012 non esistevano nel 2004) rendendomi così autoimprenditiva più che autoimprenditrice.

Che altro fai “per campare”? Mi occupo di strategie per l’internazionalizzazione d’impresa, faccio questo lavoro per un’ azienda informatica di Trento. Cerco e creo opportunità nel mercato estero per i prodotti che l’azienda ha deciso di esportare. Ho un contratto a progetto.

Professione transformer. Quando ti chiedono cosa fai nella vita, cosa rispondi? Che navigo tra emisfero sinistro e destro e che mi piace stravolgere i giochi di parole.

Quanto conta oggi poter definire con chiarezza la propria professione? Poco. Nella realtà in cui viviamo cosa c’è di ben definito e chiaro? Solo complessità e incertezza. Per citare Bauman si è tutto liquefatto, lavoro compreso. Le nostre sono quindi professioni che si realizzano al confine tra ordine (centro) e caos (periferia). Ma in questo apparente disorientamento devo comunque darmi delle regole. Creativa sì, ma con metodo: ecco un esempio di emisfero sinistro che confluisce in quello destro. Lo zoccolo duro di queste professioni è infatti riuscire aessere credibili nell’intangibile.

Quanto invece è liberatorio, se lo è, essere un professionista trasversale? Totalmente, sono le abilità traversali a renderci unici, liberi, interdisciplinari. Per esempio per fare una casa ecosostenibile non basta un architetto ma ci vogliono un ingegnere, uno psicologo, un pediatra, un geriatra, un biometrico…

Consigli per un aspirante transformer?

  1. lavorare in contesti multiculturali (importantissimo)
  2. imparare a usare i canali giusti per creare il proprio network
  3. studiare, studiare, studiare  (non solo in senso accademico!), scrivere tutto quello che passa    nella testa
  4. essere capaci di saper dare senso (e concretezza) a quello che si vuole comunicare e non farsi soppraffare dalla mania dell’informazione che sta distruggendo la nostra capacità di trattenere i significati (collezioniamo solo frammenti)
  5. essere consapevoli dello spirito del tempo in cui si vive e opera (in parole povere sapere cosa stai facendo, dove stai andando, cosa ti circonda)
  6. ricordarsi sempre che la capacità d’inventiva ti toglie dai guai.

 

 

7 novembre2012Sanbaradio http://www.sanbaradio.it/

“Sanbaradio: quando la radio è universitaria, online e pure un po’ transformer” (di Anna Quinz per Franzmagazine)

Mercoledì 7 novembre torna l’appuntamento con Professione Transformer, dove noi di Franz insieme a Impact Hub Rovereto ci interroghiamo sulle professioni “moderne”, difficili da incanalare in una definizione precisa (e che nemmeno vogliamo incanalare, peraltro). In questa occasione si parlerà di comunicazione alternativa con alcuni rappresentanti di Sanbaradio, la web radio fondata da un gruppo di studenti ed ex studenti dell’Università di Trento legati dalla passione per la comunicazione in tutte le sue forme più nuove. Una sfida che nasce con l’obiettivo di comunicare il mondo dell’Università e non solo, e che per loro “comporta responsabilità ma anche libertà e possibilità di crescere”. Intanto per prepararci, abbiamo fatto qualche domanda a una delle menti e delle braccia della radio, Francesca Re.

Francesca, Sanbaradio, quando come e perché? L’idea di fondare una radio, e in particolare una radio fatta e rivolta agli studenti è sempre stata il nostro sogno. Nei primi anni del 2000 eravamo un gruppetto di studenti impegnati nella redazione della pubblicazione universitaria “Studiare a Trento” e del programma radiofonico “Fuoricorso” attraverso una collaborazione con l’Opera universitaria, l’ente per il diritto allo studio del nostro ateneo. In questo contesto ci siamo conosciuti e siamo entrati in contatto con il mondo della radiofonia universitaria, in espansione in Italia. Abbiamo deciso di diventare gradualmente sempre più protagonisti nell’ambito della comunicazione universitaria trentina, prendendo in mano la cooperativa Mercurio che gestiva le attività in cui eravamo coinvolti. Oltre 5 anni fa ormai abbiamo iniziato a lavorare per far nascere Sanbaradio. Non ricordo nemmeno il numero delle riunioni, delle cene, delle ipotesi che abbiamo considerato. Non è stato semplice: abbiamo bussato a diverse porte senza avere risposte. Poi, grazie alla fiducia delle Politiche giovanili del Comune di Trento, siamo riusciti a partire, abbiamo affittato la sede in via Torre Vanga (il Sanbodromo), allestito lo studio, scelto le voci e dato il via alle trasmissioni. Nel maggio scorso abbiamo festeggiato i 3 anni in onda. E’ difficile riassumere cosa sia successo da allora. Sanbaradio continua a crescere, forte del contributo dei soci e dei tanti studenti e volontari che la arricchiscono con le loro energie e le loro proposte. Al momento è difficile anche prevedere come si evolverà Sanbaradio, ma la cosa dopotutto non ci dispiace: le possibilità sono tante.

Il nome da dove arriva? Il nome deriva da quella che inizialmente voleva essere la nostra comunità di riferimento e dal luogo in cui pensavamo di stabilirci: lo studentato di San Bartolameo, chiamato dai suoi residenti proprio “Sanba”. Nello studentato vivono quasi 900 studenti e ci sembrava il luogo ideale per iniziare la nostra attività. In realtà, per una serie di vicissitudini, non abbiamo più avuto modo di stabilirci in questo posto, ma abbiamo deciso di tenere il nome per mantenere un legame forte con la comunità universitaria della città.

Chi c’è dietro e dentro la vostra radio? La radio è gestita ed è di proprietà di Mercurio Soc. Coop.. I soci attualmente sono 6. Michele Tesolin è amministratore unico e Station Manager della radio, poi ci sono io, che ricopro il ruolo di direttore di Sanbaradio. Gli altri soci sono giornalisti che collaborano con noi su diversi progetti e studenti che, dopo l’esperienza in radio, hanno pensato di far parte della cooperativa per aiutarci nella parte gestionale. Sono Susanna Caldonazzi, Stefano Piffer, Serena Bressan e Niccolò Caranti. La vera anima della radio sono però gli studenti universitari. Sono loro infatti a creare la gran parte dei contenuti, delle trasmissioni, delle news e degli eventi. Alcuni di loro collaborano con noi attraverso i contratti 150ore stipulati con l’Opera universitaria, altri come volontari. Chi ha più esperienza offre formazione e sostegno ai nuovi, che gradualmente diventano autonomi e in grado di gestire una nuova trasmissione. Ampio spazio viene dato alle proposte dei ragazzi e ai format sperimentali.

Quanto conta l’Università, come bacino d’utenza e come istituzione nel vostro lavoro? L’Università è per noi il punto di maggiore interesse. Sanbaradio infatti è fatta e dedicata al mondo universitario. Per questo l’università rappresenta per noi notizie, informazioni, speaker e ascoltatori. Tutto ciò che riguarda gli studenti ci interessa. Più che l’istituzione, rispetto alla quale siamo indipendenti e abbiamo alcune collaborazioni occasionali, Sanbaradio fa riferimento alla comunità universitaria e a ciò che ci ruota intorno. Diversa e più strutturata è la collaborazione con l’Opera Universitaria, con la quale condividiamo progetti e ci occupiamo di comunicazione e formazione di studenti selezionati.

Ma voi, per vivere, che fate? La cooperativa ha al suo interno figure professionali diverse. Non riusciamo a mantenerci attualmente con l’attività della cooperativa, per questo tutti noi lavoriamo anche con altre realtà, in tutti i casi sempre legate al mondo della comunicazione mass mediale.

In che modo vi sentite un po’ transformer? A livello personale e a livello di cooperativa e radio l’essere transformer per noi significa essere attivi nella creazione di nuove modalità comunicative e nuovi servizi di comunicazione. La nostra attenzione è focalizzata sul mezzo radiofonico per sperimentare linguaggi e approcci innovativi in relazione a questo media, ma riguarda l’ambito della comunicazione in generale, in un’ottica di interazione dei mezzi e dei linguaggi. Per questo i prodotti sperimentali ci attraggono molto e Sanbaradio è anche un laboratorio continuo. In tutto questo la cooperativa è in continua evoluzione e anche noi a livello personale e professionale lavoriamo cercando di non portare avanti una routine comunicativa ma di creare modelli nuovi che ci caratterizzino.

15 dicembre 2012Jazz Colombo e Mistake http://jazzcolombo.wordpress.com http://www.mistakeproject.com/it/

Sabato 15 e domenica 16 dicembre 2012 – in occasione di Take Hawaii –Impact Hub Rovereto vi ha fatto conoscere due realtà che intendono trasformare la propria passione in un vero e proprio lavoro: Jazz Colombo (Valeria e Gaia) e Mistake (Luca Ruffini).

Jazz Colombo nasce circa due anni fa come risposta all’importanza di nutrire occhi, cuore e corpo attraverso un equilibrio che cercano di raggiungere con semplici progetti di food design, cucito creativo e produzione di stampe alternative, il tutto eseguito con metodo DIY (do it yourself) che gli permette di condividere e  mantenere integro il principio di creare, nella sua fondamentale bellezza. MISTAKE, invece, è nuovo portale con un’anima e un’identità ben precisa che stravolge la classica idea fredda e statica di e-commerce puntando sia sul prodotto ma anche su chi vende il prodotto con lo scopo di offrire un nuovo spazio per farsi vedere e conoscere. Uno posto on-line per chi fa ancora del genio e della creatività un punto forza del nostro Paese.